venerdì 26 aprile 2013

Prima elementare 1935



Questa è la prima elementare di mia madre, Ivana C., anno 1935. Come potrete notare, la finestra alle spalle è quella che si trova in tante altre foto posteriori. La scuola allora si chiamava Michele Bianchi ma è la nostra Cesare Battisti. La maestra è Gina Cruciani, mia madre è quella sopra la freccia in basso. So che alcune sue compagne di scuola sono ancora alla Garbatella. Se c'è qualcuno che riconosce nonne o mamme in questa foto, ce lo comunichi. Mia madre ha 84 anni.

mercoledì 24 aprile 2013

1966 5° elementare alla Cesare Battisti

Anche oggi abbiamo una foto da pubblicare, ce la manda Carla Fofi e rappresenta la classe 5 femminile nel 1966, non abbiamo la sezione ma spero che qualcuna si faccia viva ! 



Ringraziamo Carla per la foto e per la partecipazione ! 

martedì 23 aprile 2013

Classe 3 B anno 1967-68



Irene ci ha mandato la foto che riprende la 3B sempre alla cesare Battisti con la mestra Amati 




Nella foto ci sono tra tutte 
MARA, AGOSTINI, MARINI, CONTI , BARCA MARINA, SPOLVERINI ERMINIA, FALASCHI, CAPITELLI LUCIANA, SUSANNA, COLONNA GIUSEPPINA, ANTONIETTA, DE SANTIS STEFANIA, FRANCA, PANTANI PATRIZIA



domenica 21 aprile 2013

Le foto di scuola di Anna durante il suo percorso scolastico alla Garbatella


Mauro ci ha inviato le foto della mamma Anna che è nata e cresciuta alla Garbatella ( abitava in via Carlo Spinola)
Anche lui della Garbatella  ( nato a villa letizia in via delle sette chiese) .
Per proseguire il nostro percorso della riscoperta di legami e vecchie amicizie pubblichiamo con piacere nella speranza che qualcuno si riconosca e magari possa contattarci.
Il cognome di Anna è Santinelli ed è nata nel 1951, se qualcuno si riconosce e vuole contattarla ci faccia sapere per email (gli indirizzi sono nella home page.
Ovviamente mandiamo un grosso ringraziamento a Mauro per questa iniziativa.


Foto alla Scuola dei Bimbi anno 1957



Cesare Battisti con Sebeti, Santinelli, Mappelli, Alicata, Pezzatini, Favara




Scuola Elementare Cesare Battisti anno 1960 (3° elementare)



Scuola Elementare Cesare Battisti anno 1961 (4° elementare)




Grazie Mauro




venerdì 19 aprile 2013

Un mondo... Nel mondo di Roma



Lasciamo parlare Lei.

 Immagini scattate da me, qualcuna presa in rete e montate in video. 
Vi suggerisco di guardarle a schermo intero.

giovedì 18 aprile 2013

Giochi Vintage

La sottoscritta sul balcone del lotto otto




Il cortile del lotto otto, come più volte abbiamo accennato, è stato un luogo d’aggregazione di generazioni di ragazzini. Ci giocava mio padre negli anni trenta, ci ho giocato io, lottootto, caldozza, Nicla, Antonella, Gioia e Perla, Daniela e tanti altri di cui ho perso un po’ il ricordo. Negli anni sessanta quali erano i giochi più in voga?
Erano vari e anche un po’ diversi tra quelli che facevamo noi femmine e quelli più scatenati dei maschi e di cui spero parleranno gli interessati.
Ricordo le classiche pentole e servizi di plastica, con cui imboccavamo le bambole. Apparecchiavamo sotto il famoso cedro del Libano, e ci divertivamo a fare le mamme. Lavoro che poi nel futuro ci è toccato davvero e con molto meno divertimento.
Non mancavano le liti, le sberle e i pianti. Tutte cose che ci hanno aiutato ad imparare la civile convivenza, perché in fondo il lotto era una scuola di vita.
Ogni gioco di gruppo, iniziava invariabilmente con la conta.
Le conte della nostra infanzia, quelle che si facevano prima dei giochi, quelle che si litigava per chi le doveva fare, finendo quasi sempre per fare la conta, per chi doveva fare la conta, quelle che servivano per designare qualcuno a fare qualcosa, sono state centinaia, molte note, diffuse e continuamente re-inventate, molte frutto della fantasia estemporanea di noi bambini. Eccovi alcuni esempi: "ponte ponente ponte ppì tappe tapperugia, ponte ponente ponte ppì tappe tapperì"; "ambarabà ciccì coccò tre civette sul comò che facevano l'amore con la figlia del dottore il dottore si ammalò ambarabà ciccì coccò" e finiva con che toc-che-reb-be pre-ci-sa-men-te a te che sei la figlia del re e della regina e ad ogni sillaba veniva indicata una di noi.
Una volta stabilito chi avrebbe dovuto girare la corda e chi doveva saltare, si iniziava a saltare contando il numero più alto di salti, che ognuna riusciva a fare senza inciampare nella corda.
Nelle pedane di accesso al cortile, rimediando un gesso bianco o colorato, disegnavamo la campana. La campana e' quella serie di quadratoni che si disegnava per terra con schema1-2-2-1-1-1-2-1 (un quadrato, due affiancati, due, uno singolo e via uno dopo l'altro) o simili, e che bisognava percorrere a balzelloni, quadrato 1-singolo su un piede solo 2-quadrati affiancati con entrambi i piedi, andata e ritorno senza impicciarsi saltare un quadrato o perdere l'equilibrio toccando per terra-fuori. I quadrati dentro erano numerati, e a volte bisognava fare per maggior complicazione un percorso obbligato tipo 1 3 5 2 4 6 5 2 1. Era un esercizio tostissimo e utilissimo per sviluppare equilibrio e forza elastica, gratuito e divertente a differenza di sport e palestre che i bambini sono costretti a frequentare oggi.
Coi maschi giocavamo a nascondino. Scelta la cosiddetta "tana" (un tronco d'albero o il muro di una casa) si designava chi doveva "stare sotto" tramite la "conta". Il prescelto doveva poi contare ad occhi chiusi fino ad un numero concordato tutti insieme (30, 40, 50 anche 100, anche di più) mentre gli altri partecipanti al gioco andavano a nascondersi. Una volta concluso di contare, chi "stava sotto" iniziava a cercare i compagni di gioco. Avvistatone uno doveva gridarne il nome (a volte anche toccarlo) e correre fulmineamente verso la "tana" insieme al giocatore appena scoperto. Il primo dei due che raggiungeva la "tana" doveva toccarla e gridare a squarciagola "tana!". Di conseguenza il meno veloce dei due doveva "stare sotto" a sua volta e riprendere la caccia ai giocatori nascosti. Chi riusciva a raggiungere la "tana" con successo poteva così gustarsi il resto del gioco da puro spettatore. L'obiettivo dei giocatori nascosti era di cercare di lasciare i rifugi senza essere visti o toccati e di raggiungere il punto di tana gridando "tana" per liberare sé stessi, oppure il favoloso "tana liberi tutti". Ogni mano si concludeva quando tutti i giocatori erano stati scoperti e ne restava uno "sotto", non necessariamente quello che era stato designato inizialmente con la conta.
Regina Reginella gioco di gruppo anche questo. Scopo del gioco: raggiungere un giocatore (Regina). A turno ogni giocatore doveva recitare la seguente cantilena: "Regina, reginella:quanti passi devo fare per arrivare al tuo castello, con la fede e con l'anello?" La Regina decideva allora di quanti e quali passi può avanzare il giocatore. I passi erano ispirati agli animali. Quindi erano ambitissimi i passi da Elefante (enormi) o da Leone e ben poco ambiti quelli da formica (piccolissimi) o quelli da gambero (passi all'indietro). Il giocatore che a fine percorso raggiungeva la regina vinceva e sostituiva la regina nel giro successivo.




Con quali giocattoli giocavano i bambini negli anni sessanta? Per noi bambine c’erano le bambole Furga, di cui ho ancora il ricordo dell’odore di plastica. Le biciclette Graziella, la mia tutta rossa fiammante, scese in cortile una sola volta, alla prima caduta, andò a finire sull’armadio di mio nonno e non la vidi più.
E le macchinine a pedale? Ve le ricordate? Anche la sottoscritta ne possedeva una, che non è mai stata portata in cortile. Ci ho giocato con Nicla nel corridoio di casa, che a me sembrava lunghissimo. Aveva anche le luci che si accendevano a batteria, ma si ruppero quasi subito.
Vi ricordate l’Acchiapparella? Ancora piu` semplice del nascondino: chi "stava sotto" doveva acchiappare gli altri giocatori che fuggivano di corsa per non lasciarsi prendere. Chi veniva toccato stava sotto a sua volta, liberando dal gioco l'avversario. Di solito il ruolo dell'inseguitore toccava ai bambini piu` robusti. Garantiti dolori alla milza e sudate inenarrabili!
Chiudo con un ricordo. Dopo un pomeriggio passato ad acchiapparci tra i tanti ragazzini del lotto, mi ritrovo con le spalle alla scala F. Lottootto con le mani tutte infangate, insieme al figlio del portiere, che mi pare si chiamasse Paolo, avanza verso di me urlando che è il mostro fangoso. Io indietreggio e non m’accorgo della scala che porta allo scantinato. Ruzzolo con tutti gli occhiali tra lacrime e lividi, mi prendo pure una bella sgridata da mia madre, che per un bel pezzo non mi fa più scendere in cortile. Con questo episodio, spero di aver soddisfatto il desiderio di Rondine, mia sorella, che ogni tanto mi dice: “ma gliel’hai ricordato a Lottootto l’episodio?”

Questo post fu pubblicato sul vecchio blog di splinder. Lo ripropongo con piacere e nostalgia facendomi una risata con il mio amico e le nostre trovate d'infanzia.




lunedì 15 aprile 2013

C'era una volta la Garbatella


La Garbatella ha la sua veneranda età. La sua storia è stata immortalata in scatti d'epoca nel tempo. Alcune foto si trovano in giro in internet, su vari siti. 
Alcune foto storiche appartengono alla mia famiglia, le ho condivise già in questo blog ma ho pensato di radunarle tutte in un unico post.



La Villetta con la bandiera rossa dopo l'arrivo degli americani

L'arrivo delle camionette degli americani su via Ferrati, si vede il lotto otto

Il terreno di Camillo Giallatini, durante una nevicata negli anni '40 fotografata dal lotto 11


Bombardamenti all'ostiense marzo 1944

Bombardamenti all'Ostiense



Il terreno coltivato di Camillo Giallatini fotografato dal lotto 11
 

Tipografia Salomone distrutta dai bombardamenti via Matteucci

Orto di guerra. via delle Sette Chiese di fronte all'ex Locatelli

venerdì 12 aprile 2013

Alvaro Amici

Un altro grande del nostro quartiere, o rione come lo chiamano alcuni.

Dal sito di Alvaro amici - Biografia




Alvaro Amici nasce il 21 febbraio 1936 a Roma, nel quartiere Garbatella, sesto di sette fratelli; il padre Tullio era elettricista e la madre Giuseppa casalinga.
Di famiglia modesta, cresciuto negli anni segnati dalla Seconda Guerra mondiale, Alvaro inizia a lavorare sin dai tempi delle scuole elementari, impiegandosi come orefice, tornitore in un'officina meccanica, e infine pittore edile. Ma da sempre la sua grande passione è il canto, un dono innato coltivato interamente da autodidatta già da bambino, quando cantava a scuola nascosto dietro la lavagna per timidezza. Passata l'adolescenza, parte per il servizio militare, durante il quale si esibisce in qualche festa per i suoi superiori, e riesce ad ottenere parecchi permessi di uscita per andare a far le serenate alla sua fidanzata Cristina. Nel '60 si sposa e diventa papà di una bambina, Laura. La sua voce inizia a farsi notare nei ristoranti di Roma e nelle strade dove canta serenate; il repertorio di quel periodo comprende le canzoni che cantano tutti i ragazzi della sua età (Villa, Dallara etc.). Partecipa a numerosi concorsi per dilettanti, ma viene sempre scartato, perché creduto un professionista. 



Sembra che non ci sia nulla da fare per la carriera di cantante di Alvaro, che quindi torna ad accontentarsi del lavoro di pittore edile. Ma inaspettatamente nel '61 giunge un'opportunità: viene invitato per un provino da una casa discografica di Napoli, la Vis Radio, e da lì a poco esce il suo primo disco 45 giri, dal titolo Stornelli maliziosi, a cui seguiranno altre 12 serie. Con la Vis Radio rimane fino al '67, incidendo canzoni romane classiche ed altre scritte per lui, e ottenendo un successo sempre crescente: le vendite sono tanto alte da superare persino Rita Pavone. In questi anni nascono Fabrizio ('62), Corrado ('63) e Riccardo ('66). Dal '68 al '71 realizza 45 giri per due etichette musicali di Milano, la Geas e la Pig. Nel '72 lavora per la casa discografica "Saar" ed esegue solo classici. Vi rimane fino al '75, anno in cui incide i 12 successi all'italiana del reuccio con il maestro Mario Battaini. Sempre nel '72 nasce l'ultimo figlio, Serghei e comincia a lavorare al cinema, con alcune particine in qualche film: "Roma" di Fellini, "Fratello sole sorella luna" di Zeffirelli; poi nel '76 recita in "Ragazzo di borgata" di Giulio Paradisi, nel '79 ne "Il minestrone" con Sergio Citti, Roberto Benigni e Ninetto Davoli, nell'82 ne "Il conte tacchia" con Enrico Montesano. Dal '77 al '79 firma un contratto con la Fonit Cetra, per la quale incide due LP, "Roma de mi madre" e "Roma canta", con l'orchestra del maestro Elvio Monti. Nell '80 arriva la sua prima autoproduzione, un LP dal titolo "Serenata de papà", dedicata alla figlia Laura. Questo periodo segna un gran successo: tra l'80 e l'82 si esibisce a Napoli al teatro Margherita, parte per il Canada per una tournèe, e a Roma porta in teatro "La Passatella" e "Favola Romana", due rappresentazioni drammatiche in puro stile Romanesco. Tra serenate e feste di piazza, non sa più a chi dare il resto. A San Basilio si esibisce davanti ad un pubblico di 35.000 persone venute a sentirlo cantare. Nell'83 incide un 45 giri dedicato alla Roma dello scudetto. Nell' 86 apre un locale in via del Velabro 10 (Circo Massimo), nel quale Alvaro ama esibirsi con i parenti e i loro amici più intimi, cantando rigorosamente dal vivo. Nel '87 esce "Ricordi de 'na vita". Tra l'89 e il '90 inizia la collaborazione con l'autore Lanfranco Giansanti, che darà vita all'LP "Sospiri de Roma". La sua ultima incisione è del 2000, "Pupetta mia".







Alvaro si spenge il 25 febbraio del 2003.

mercoledì 10 aprile 2013

Cantine allagate nella scuola media in via Severo, interviene la Brigata Garbatella





A seguito di un allagamento, avvenuto in nottata, delle cantine scolastiche, è tempestivamente intervenuta la Prociv Arci Brigata Garbatella, svuotandole





dalla scuola media di via Alessandro Severo, perché si erano allagate le cantine. Io stavo al lavoro, ho preso quattro ore di permesso – poiché l’attività della Protezione Civile è su base volontaria – e sono andato, insieme ad altri due ragazzi della Brigata Garbatella, sul posto. Lì, con la motopompa grande, abbiamo prosciugato l’acqua dalle cantine. L’operazione  - ci fa sapere Bartolomei - in tutto è durata  poco oltre le due ore, e più precisamente

dalle 12 alle 14.30”. La situazione, comunque, è bene ripeterlo, è sotto controllo con le parole del  Presidente della Prociv Arci Brigata Garbatella, “è sotto controllo”.






fonte Roma today

CINQUEMILA




Era il 1 febbraio 2013 quando abbiamo riattivato il blog, ricordiamo che su Splinder abbiamo avuto circa 75.000 visite e poi su iobloggo, nonostante non fosse aggiornato, altre 5.000, per un totale di 80.000.



bene dal 1 febbraio ad oggi (poco più di due mesi fa) abbiamo avuto 5.000 visite, questo grazie a Facebook dobbiamo dire e alla voglia di Garbatella.
Promettiamo di essere più prolifici e aggiornare anche con notizie di cronaca questo posto da condividere insieme.




5.000 GRAZIE 

lunedì 8 aprile 2013

Gioco al ... c'ero io?? aggiornamento

Dopo la curiosità espressa su questa foto, abbiamo pensato di inserire anche un'altra foto, quella di Carla, 
Sempre stessa scuola ma forse  un paio di anni prima.
 chi c'è? chi si riconosce?


Sono Carla, modifico aggiungendo i dettagli. Si tratta della seconda elementare anno 1964-65. La maestra è Elisa Filipponi. Io sono la prima a destra in seconda fila.



Metto la foto della mia classe alle elementari, dove la maestra era la Casella.

qualcuno di voi si riconosce??




venerdì 5 aprile 2013

Luciano Bonanni




Continuiamo la carrellata dei personaggi più o meno famosi, oggi parliamo di Luciano Bonanni, che faceva l'attore,  spalla di tutti i più celebri attori sia comici che drammatici, da Totò a Gigi Proietti, Bud Spencer e terence hill, alberto Sordi, Aldo Fabrizi, Boldi, De Sica, Montesano.. 
Era di Garbatella e il suo tempo libero lo passava giù al "bare de Paolo" insieme a tutti i suoi coetanei .. sempre sorridente e scherzoso, era soprannominato "l'artista" come lo chiamavano i vecchiotti del bar compreso mio padre.
qualche informazione presa da Wikipedia come fonte.



Bonanni è stato uno dei più noti generici cinematografici: vanta una filmografia sterminata, composta da oltre trecento film distribuiti lungo un arco temporale di oltre quarant'anni di attività. È comparso praticamente ovunque: dove c'è stato bisogno del personaggio marginale, di un tassista, di una comparsa, di un infermiere, di un fruttivendolo, o di un comune borgataro, lui è sempre apparso, contendendosi negli anni con Mimmo Poli il titolo di caratterista più prolifico della storia del cinema italiano.
Nativo di Roma, precisamente del quartiere Garbatella, dopo un lungo apprendistato in teatro negli anni del fascismo, inizia a prendere parte come comparsa a molti film girati nella Capitale a partire dai primi anni '50.
Appare in seguito in grandi pellicole come Il federale (1961) di Luciano Salce e Totò contro i quattro (1963) di Steno. Come molti suoi colleghi dell'epoca, utilizza frequentemente degli pseudonimi dal sapore americaneggiante, quali Larry Bona.


Rimane parallelamente attivissimo anche in teatro. Nel 1962 fa parte del cast della prima edizione del famosissimo Rugantino di Garinei e Giovannini, nella quale interpreta il burinello. L'opera debutta al Teatro Sistina di Roma, il 15 dicembre.
Ma è negli anni settanta che la sua carriera sul grande schermo si sviluppa e prosegue senza soste: arriva a prendere parte anche a trenta-quaranta film all'anno, spesso commedie, tra i quali è doveroso ricordare Fantozzi (1975) di Luciano Salce o Febbre da cavallo (1976) di Steno. Nel 1981 nel film Pierino medico della Saub ricopre il ruolo di Renato Cecioni detto "Capocciò", recitando insieme ad un altro grande caratterista dell'epoca, Ennio Antonelli, nella parte di Zio Nando. In quel film entrambi vengono doppiati.
Ritiratosi nella seconda metà degli anni ottanta per problemi di salute, Bonanni viene chiamato ad interpretare se stesso nel film Grandi magazzini (1986) di Castellano e Pipolo.
Dopo parecchi anni di inattività, si è spento, sempre a Roma, nel 1997, all'età di 70 anni, colpito da un improvviso infarto



e guardate la lista dei film in cui ha lavorato ... da rabbrividire


Guardie e ladri, regia di Mario Monicelli e Steno (1951)
I tre ladri, regia di Lionello De Felice (1954)
Le notti di Cabiria, regia di Federico Fellini (1957)
Il nemico di mia moglie, regia di Gianni Puccini e Gabriele Palmieri (1959)
Il mondo dei miracoli, regia di Luigi Capuano (1959)
I Teddy boys della canzone, regia di Domenico Paolella (1960)
L'impiegato, (1961)
Che gioia vivere, (1961)
Il carabiniere a cavallo, (1961)
Il federale, (1961)
La cuccagna, regia di Luciano Salce (1962)
8½, regia di Federico Fellini (1963)
Totò contro i quattro, regia di Steno (1963)
Zorro e i tre moschettieri, regia di Luigi Capuano (1963)
Panic Button, (1964)
Amore facile, (1964)
Sedotti e bidonati, (1964)
Thrilling, (1965)
Oggi, domani, dopodomani, (1965)
I due parà, (1965)
Come svaligiammo la Banca d'Italia, (1966)
Soldati e capelloni, (1967)
La più grande rapina del West, (1967)
I due vigili, (1967)
Bang Bang Kid, (1967)
Il medico della mutua, regia di Luigi Zampa (1968)
Sapevano solo uccidere, (1968)
Joko invoca Dio... e muori, regia di Antonio Margheriti (1968)
Niente rose per OSS 117, (1968)
...e per tetto un cielo di stelle, regia di Giulio Petroni (1968)
A qualsiasi prezzo, (1968)
Dramma della gelosia - Tutti i particolari in cronaca (1970)
Satiricosissimo, (1970)
Il sindacalista, (1972)
Carteggio Valachi, (1972)
La polizia ringrazia, (1972)
Si può fare... amigo, (1972)
Il figlioccio del padrino, (1973)
La bambola, (1973)
Ultimo tango a Zagarol, (1973)
...e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno, regia di Bitto Albertini (1973)
Io e lui, (1973)
Il delitto Matteotti, regia di Florestano Vancini (1973)
Paolo il freddo, (1974)
Per amare Ofelia, (1974)
Zanna Bianca alla riscossa, regia di Tonino Ricci (1974)
Il venditore di palloncini, (1974)
Macrò, (1974)
C'eravamo tanto amati, regia di Ettore Scola (1974)
Fantozzi, regia di Luciano Salce (1975)
Febbre da cavallo, regia di Steno (1976)
La portiera nuda, (1976)
Tutti possono arricchire tranne i poveri, (1976)
Il ginecologo della mutua, (1977)
I nuovi mostri, (1977)
Geppo il folle, regia di Adriano Celentano (1978)
Dove vai in vacanza?, (1978)
Lo chiamavano Bulldozer, (1978)
Aragosta a colazione, (1979)
Un sacco bello, regia di Carlo Verdone (1980)
Il lupo e l'agnello, (1980)
Un paio di scarpe per tanti chilometri, (1981)
Pierino medico della SAUB, (1981)
Camera d'albergo, (1981)
W la foca, (1982)
Il tassinaro, regia di Alberto Sordi (1983)
Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, regia di Nando Cicero (1983)
"FF.SS." - Cioè: "...che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?" ,regia di Renzo Arbore (1983)
I soliti ignoti vent'anni dopo, (1985)
Troppo forte, regia di Carlo Verdone (1986)
Grandi magazzini, (1986)
I ragazzi della 3ª C serie televisiva, episodi: "Tele 3ª C" e "La sfilata" (1989)




giovedì 4 aprile 2013

Dado




Vorrei fare una carrellata di persone che sono nate, o cresciute o comunque passate dal nostro quartiere e che hanno poi avuto modo di diventare famosi, per un motivo o per un altro, iniziamo da DADO, dove ho ripreso un vecchio post del ex-blog su splinder, spero vi piaccia.




Nato nel quartiere Ostiense, scuole medie alla Garbatella, sin dagli anni del liceo artistico Pellegrini seguì la sua vocazione di attore comico. «A diciotto anni, cominciai a lavorare al "Talent Scout" (oggi The Place) con il gruppo musicale "Le Pastine in Brothers". è nato così il mio nome d' arte: per dare sapore alle Pastine serviva un Dado», spiega l' attore, che nel ' 97 ebbe la consacrazione con Teo Mammucari. «Mi dava cinque minuti nel suo spettacolo, ma un giorno rimase bloccato nel traffico e io lo sostituii per due ore, tra gli applausi del pubblico: fu la mia fortuna». Gli si aprirono così le vie del cabaret. Fatale fu il provino con quelli di "Zelig" («ho fatto quattro bellissime stagioni»), spesso ospite di Carlo Conti, da "I raccomandati" fino all' ultimo Capodanno di RaiUno. Ma, come dimostra il suo spettacolo "Onesto ma non troppo" (fino al 20 gennaio all' Olimpico, poi al Teatro Manfredi di Ostia), il suo grande amore è il teatro-canzone di Gaber. Dado, a modo suo, è un moralista: si interroga sulle piccole e grandi questioni della vita quotidiana, soprattutto quella dei romani. Chitarra in mano, sostenuto dalla sua band (quattro componenti, tra cui la sassofonista Cristiana Polegri) e dalla regia di Augusto Fornari, Dado delizia il suo pubblico alternando canzoni allegre ad amari monologhi. Dado, come nasce la sua passione per il teatro-canzone? «La prima volta che vidi Gaber fu all' Eliseo: avevo sedici anni. Il suo Teatro Canzone mi entusiasmò, andai in camerino, gli parlai. Gaber lo rividi anni dopo al Nazionale e infine all' Olimpico nel 2000 (dove portò il profetico Destra e Sinistra). Avevo appena vinto il concorso "Riso in Italy" e a Gaber ricordai che stavo in tv con "Macao" (di Boncompagni), gli dissi che avrei lasciato tutto per seguirlo in tournée, facendo il tuttofare. 


Lui sorrise, disse che non vedeva la tv, che aveva un suo staff. Fu una bella chiacchierata e mi incoraggiò». Lei costruisce lo spettacolo tra onestà e disonestà. Si ispira alla vita dei romani? «Vivo a Roma e vedo soprattutto un certo modo di vivere dei cittadini. Dalla burocrazia ai semafori rossi non rispettati. La matrice dello spettacolo è nel rapporto onestà-disonestà. è il filo conduttore che lega tutti i capitoli, a partire dall' amore: i buoni propositi amorosi sono onesti, ma poi non diciamo abbastanza "no". E nei tatuaggi c' è il riflesso di una certa ipocrisia di tanti giovani innamorati». è impegnativo per un comico seguire le orme di Gaber? «Certo. Le tematiche di Gaber erano quelle di una persona che si relazionava ad un autore come Luporini. Il suo Teatro canzone è più impegnato, più profondo del mio, ma onestamente in certi momenti è più noioso». Lei vuole smuovere le coscienze con la comicità? «Il compito dell' artista è quello di smuovere le coscienze. Con argomenti sentiti da tutti. Io parto da cose quotidiane, dalla difficoltà di approccio con le donne alla Finanziaria. Parlo del confine esile tra l' onestà e la disonestà. Racconto l' odissea d' un uomo che va in circoscrizione per rifarsi i documenti rubatigli (mi capitò quando avevo 18 anni: giuro che all' ufficio informazioni della mia Circoscrizione c' era un sordomuto che dava i numeretti). Io seguo l' esempio di Gaber, Guccini, De André». Lei usa molto la mimica. Non rischia di fare il clown? «è da quando sono piccolo che faccio smorfie allo specchio, cerco espressioni estremistiche, da clown. Gaber aveva una grande maschera. Io porto a teatro anche il pubblico della tv, così alla fine ripropongo il personaggio che mi ha dato la notorietà a Zelig: il cantautore leopardato che arrotolandosi le maniche fa dei "centoni": canzoni con esiti diversi dall' originale, con accenti romaneschi». Anche in Paolo Rossi o Moni Ovadia si ritrovano tracce di Gaber... «Rossi si ispira a Gaber, fa il teatro canzone, ma mantiene una sua personalità. Ovadia è interessante, ma non lo conosco abbastanza. In verità, Gaber era figlio del teatro di denuncia francese (cantava Brassens) e io sono fiero di aver raccolto il suo linguaggio, di usare la stessa "punteggiatura" gaberiana: così almeno dice Paolo Del Bon, della Fondazione Gaber. Rispettare il teatro-canzone gaberiano significa capire che le canzoni che non sono canzoni e basta, così come certi monologhi non vivrebbero senza le canzoni»